Introduzione#

Come direbbe Joseph Weizenbaum, professore tedesco al MIT e creatore del primo chatbot ELIZA che nel 1965 permetteva la conversazione tra uomo e macchina:

L’intelligenza artificiale è straordinariamente resistente al tentativo di una precisa definizione.

Weizenbaum, che voleva dimostrare la superficialità della comunicazione tra uomo e macchina, rimase estremamente sorpreso dal numero di persone che attribuivano sentimenti umani al suo programma. Ma siamo sicuri che sia solo una semplice lista di istruzioni quella da lui creata? O c’è qualcosa di più? Se è un semplice programma, perché attribuirgli una parola così ricca di significato come l’intelligenza?

E poi, cos’è questa intelligenza artificiale (o AI dall’inglese Artificial Intelligence), che così velocemente, anno dopo anno, perfezionamento dopo perfezionamento, sfugge inesorabilmente ad una “precisa definizione”?

Le Origini dell’Intelligenza Artificiale#

E’ presente in ognuno di noi quella strana sensazione suscitata dall’osservare un programma che emula i comportamenti umani, come se fosse qualcosa di “vivo” e non un semplice programma che esegue istruzioni.

La possibilità di creare un qualcosa che assomigliasse all’uomo ha sollecitato la curiosità di tutti i pensatori del passato. Difatti, nonostante abbia trovato larga applicazione solo nell’ultimo decennio, l’AI non è una scienza nuovissima: le sue origini risalgono al periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale e il termine stesso fu coniato, “ufficialmente”, nel 1956 dal matematico statunitense John McCarthy. È una scienza che si può applicare potenzialmente a ogni sfera del pensiero umano, in quanto si occupa di rendere automatiche alcune attività intellettive come il riconoscimento di immagini, il gioco degli scacchi, la dimostrazione di teoremi matematici e la guida autonoma di veicoli. In questo senso, è uno dei campi più antichi e trasversali.

E se dicessi che uno dei primi test al mondo di auto a guida autonoma è stato effettuato in Italia, su una “fiammante” Lancia Thema? Ebbene sì, nel 1996 all’Università di Parma, un team di ricercatori e ingegneri coordinato dal prof. Alberto Broggi, ha lavorato allo sviluppo di un vero e proprio prototipo di guida autonoma, un’autovettura dotata di sensori di visione “stereo” (cioè con due telecamere come gli occhi umani) e computer a bordo (un Pentium 200 MMX), in grado di sterzare autonomamente, restare al centro della corsia di marcia e localizzare gli eventuali ostacoli che incontra sul suo percorso. Il suo nome è ARGO e percorse quasi 2000 km lungo il tracciato italiano della Mille Miglia.

Nel 2010 il gruppo di Broggi è riuscito a far guidare autonomamente delle auto dall’Italia… alla Cina! Questa sfida si chiama VIAC (VisLab Intercontinental Autonomous Challenge) e ha coinvolto ben 4 veicoli che guidano senza intervento umano, su un viaggio di quasi 16.000 chilometri (9.900 miglia) da Parma a Shanghai!

In questo senso, è uno dei campi più antichi e trasversali. Aristotele nel 300 a.C. fu il primo a formulare un insieme preciso di leggi che governano la parte razionale della mente. Egli sviluppò un sistema basato sui sillogismi che in teoria consentivano a chiunque di ottenere meccanicamente le conclusioni. Hobbes, nel 1600, ipotizzò che il ragionamento umano avesse a che fare con dei meccanismi simili al calcolo numerico, e cioè come se noi “eseguissimo” addizioni e sottrazioni nei nostri pensieri. Pascal, invece, scrisse che la “macchina aritmetica” produce degli effetti che sembrano più vicini al pensiero di tutte le azioni degli animali e costruì la Pascalina, la prima macchina calcolatrice (anche se risulta che la prima in assoluto fu creata da Wilelm Schickard nel 1623). Infine, Cartesio fornì la prima discussione chiara sulla distinzione tra mente e materia.

I filosofi hanno studiato la maggior parte dei concetti riguardanti l’AI, ma il passaggio ad una scienza che fosse universalmente riconosciuta e apprezzata richiedeva un livello superiore di formalizzazione. La matematica a metà del ‘900 ereditava dal passato tutta una serie di strumenti necessari a costruire algoritmi intelligenti: risultati provenienti dall’algebra, ricerca operativa, teoria del controllo, probabilità, teoria dei giochi; d’improvviso sono stati interpretati come stesse facce di un nuovo poliedro che ha come scopo la progettazione di sistemi che massimizzano nel tempo una funzione obiettivo. Questo, a grandi linee, corrisponde allo scopo dell’AI: la costruzione di sistemi che agiscono “in modo ottimale”.

L’AI fu creata di fatti proprio per superare i limiti della matematica tipica della teoria del controllo degli anni ’50 e affrontare problemi come il linguaggio naturale, la visione artificiale, la pianificazione, che si ponevano completamente fuori dal campo d’azione della teoria del controllo.

Algoritmi Intelligenti#

Abbiamo parlato di algoritmi intelligenti, ma cosa sono nello specifico? Uno dei primi “algoritmi intelligenti” può risalire ad Euclide che ingegnò un metodo per calcolare il massimo comune denominatore.

L’AI è in profondo debito con l’evoluzione dell’informatica e dell’elettronica, che hanno messo a disposizione sistemi operativi, linguaggi di programmazione (es: Python), librerie (Tensorflow, Keras, Pytorch…), ed architetture sempre più potenti come CPU, GPU e TPU che permettono la creazione di modelli in tempi brevi. Inoltre, Internet ha permesso una capillare diffusione di articoli, blog e video che favoriscono l’ampia divulgazione dell’argomento.

Ma questo scotto è stato appieno ripagato: gli studi sull’intelligenza artificiale hanno esplorato per la prima volta idee che si sono poi diffuse nell’informatica generale, tra cui gli interpreti interattivi, ambienti di sviluppo rapido, gestione automatica della memoria e altri concetti chiave nella programmazione object-oriented.